Balotelli

Complessi di inferiorità.

JENNIFER LAW1

Come ogni anno, puntuale come un cross sbagliato di Abate, ecco che si riapre la diatriba per l’evento “calcistico” più chiacchierato dei mesi autunnali: l’assegnazione del celeberrimo Pallone d’Oro. Che ora per esattezza si chiama “Pallone d’Oro Fifa” e viene assegnato dalla rivista francese “France Football“, in concomitanza col voto dei capitani e degli allenatori delle squadre nazionali, al calciatore (militante in un campionato europeo) più “decisivo” dell’anno solare.

Niente di esaltante, almeno superata l’adolescenza: c’è un galà tutto luccicante, ci sono i giocatori tiratissimi col capello lucido e con la fronte perlata di sudore, c’è il discorso commosso di ringraziamento alla famiglia, ci sono le vecchie glorie, ci sono le soubrette francesi fighe, c’è Blatter, ci sono milioni e milioni di sponsor, c’è la Coca Cola e ci sono gli sceicchi (quelli oramai sempre). Poi la copertina, poi le prime pagine, poi i tifosi che litigano, che inneggiano all’ingiustizia o alla giustizia, a seconda dei casi. Come una sorta di Grande Fratello calcistico, ci sono gli esclusi che se la prendono a male, i tifosi che seguono da casa, i giornalisti che votano, il trofeo gigante ricoperto d’oro, smeraldi e ossa umane.

Tutto qui, è molto più spettacolare la serata degli Oscar, coi selfie di Jennifer Lawrence e di Bradley Cooper.

Anzi, dopo l’esclusione di Milito per Gyan Asamoah dal listone dei 25 nel 2010, la vittoria di Cannavaro e di Sammer, i 15 trofei consecutivi dati a Messi a prescindere, non mi stupirei se quest’anno dessero il premio alla nostra cara Jennifer, dopo la splendida performance nell’estate del mondiale brasiliano. Che poi pure l’amatissimo Blatter oggi ha dichiarato che, per esempio, il Pallone d’Oro del Mondiale 2014 assegnato a Messi è stata una scelta incomprensibile: come a dire, “neanche noi c’abbiamo capito ‘na cippa”.

Comunque io la pensi, oggi la Fifa ha annunciato il listone dei 25 candidati al Pallone d’Oro 2014, e leggendone i nomi, è utile cercare di fare delle valutazioni sulla situazione del calcio europeo e soprattutto italiano. Perché il Pallone d’Oro, nella sua vacuità, è comunque uno specchio importante dell’opinione pubblica che ruota intorno ai protagonisti del football.

Com’era prevedibile, i tedeschi sono tantissimi, ben sei, e non c’era bisogno per forza di vincere un Mondiale per capire che ci troviamo davanti ad una generazione di calciatori fortissima. Lahm, che da noi sarebbe ancora considerato “giovane”, guida da veterano una rosa di ragazzi terribili e, ahinoi, ancora nel cuore della giovinezza: Goetze, Mueller, Neuer, Kroos, Schurrle, tutta merce pregiata che, per farvi capire, ruota intorno all’anno 1990, lo stesso di Balotelli, eterno giovane incompiuto de noartri.

C’è sempre meno Barcellona anno dopo anno, è questo è un’altro segnale dei tempi che cambiano: sembrava impossibile solo il pensare, qualche anno fa, che qualcuno avrebbe potuto mai più fermare il Barcellona dei  Miracoli. Invece, il calcio ha dimostrato ancora una volta il suo ineluttabile andamento ciclico, il suo non guardare mai nessuno in faccia, e il Barcellona s’è fermato da solo. Dopo Guardiola la macchina perfetta blaugrana s’è sgretolata lentamente, come una scogliera erosa dal vento, e mostra oggi a noi tutte le rovine: è stato epico vedere Busquets, Iniesta, Messi e Piqué (i marziani di un tempo) presi a pallonate dal gagliardo Real Madrid di Carletto Ancelotti, nella settimana appena trascorsa. Epico come vedere i Titani che crollano sotto i colpi del tempo e l’ira di Zeus.

E di italiano quali briciole sono rimaste? Le uniche cose che al momento sembriamo esportare con successo sono gli allenatori: sono presenti il già citato Ancelotti, fresco campione d’Europa, e -udite!- Antonio Conte, che si prende il meritato palcoscenico europeo grazie alla stagione da record di punti conseguita con la Juve. Dal neo-ct della Nazionale mi aspetto grandi cose, spero di non rimanere deluso un’altra volta: Prandelli mi aveva già fatto credere ai mussi volanti solo qualche mese fa, un altro colpo sarebbe difficile da sopportare. Naturalmente, non potevano neanche mancare le nostrane dichiarazioni entusiastiche volte a sottolineare la grandezza della scuola per allenatori di Coverciano. Pure questo, prevedibile e provinciale.

La complessata Serie A riesce a mantenere un ultimo e piccolissimo appiglio al lussioso transatlantico dell’Uefa con una presenza nel listone, quella dello juventino Paul Pogba, arrivato, chissà come, a parametro zero dal Manchester United, che ben ha figurato con la nazionale francese al Mondiale. Che poi la nazionalità condivisa con la rivista sportiva che dà il premio sia la stessa, è n’altro conto (ricordo un Jean-Pierre Papin Pallone d’Oro nel 1991). Peccato davvero che, di questi tempi, un giocatore con un futuro del genere quasi sicuramente tra un paio d’anni dirà  ciao ciao all’Italia e si andrà ad accasare in una squadra-giocattolo degli sceicchi. Dannati sceicchi.

Insomma, come se non bastassero i risultati deludenti, esce la lista del Pallone d’Oro a ricordarci quanto siamo caduti in basso calcisticamente, oramai. Tanto per peggiorare i nostri già enormi complessi d’inferiorità.

“Ma lei non ha complessi di inferiorità!”
“Davvero??”
“Lei è inferiore…”
(Fantozzi alla riscossa, 1990)